Era considerato il più antico fossile italiano. Peccato che, in realtà, fosse un falso.
La storia del reperto denominato Tridentinosaurus antiquus non getta certo cattiva luce sulla paleontologia italiana, ma è sicuramente l’opportunità per soffermarsi su quanta attenzione debba essere riposta nella valutazione di antichità, soprattutto se – come in questo caso – risalgono ai tempi più remoti.
Il reperto fu trovato nell’estate del 1931 nell’altopiano di Piné, in provincia di Trento, divenendo ben presto il più antico rettile fossile mai trovato in Italia: un blocco di pietra in cui è scolpita la sagoma intera di un rettile di cui non si sono mai scoperti altri individui e che era stato appunto denominato come Tridentinosaurus antiquus.
Le ultime novità sul fossile
A scoprire il fossile fu Gualtiero Adami, ingegnere che ai tempi lavorava per l’ente statale che si occupava delle opere pubbliche e che l’aveva poi donato al Museo della Natura e dell’Uomo di Padova, dove giace tuttora.
Il ritrovamento fu sorprendente, non solo a livello nazionale: presenta infatti una sagoma di un rettile lungo una ventina di centimetri, simile a una lucertola del Permiano inferiore (dunque, circa 270 milioni di anni fa), e come tale in grado di suscitare l’enorme interesse da parte dei paleontologi per le sue ottime condizioni di conservazione.
Ebbene, l’eccezionalità della scoperta è stata recentemente portata su più miti consigli da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, del MUSE (Museo delle Scienze) di Trento, del Dipartimento di Geoscienze e del Museo della Natura e dell’Uomo dell’Università di Padova e dell’Università di Cork, in Irlanda, pubblicato giovedì scorso sulla rivista scientifica Palaeontology, in cui si dimostra che buona parte dei tessuti del Tridentinosaurus antiquus sono in realtà strati di un particolare tipo di vernice.
Insomma, il reperto non è totalmente falso, ma è stato parzialmente costruito utilizzando una vernice chiamata nero d’ossa che può essere facilmente acquistata in qualsiasi ferramenta e che è ottenuta dalla combustione delle ossa di alcuni animali.
Rimane però un mistero: scoprire chi e quando ha applicato la pittura a quello che non è completamente un reperto falso, considerato che ci sono alcune ossa e diversi osteodermi che sono autentici. Ad essere false erano però le parti molli, su cui evidentemente i nuovi studi non potranno più concentrarsi, preferendo invece quelle autentiche, le ossa.