“L’Urlo” di Edvard Munch è universalmente riconosciuto come uno dei capolavori più iconici della storia dell’arte moderna. La sua rappresentazione intensa e emotivamente carica di un individuo angosciato, immerso in un paesaggio suggestivo, ha stimolato un ampio interesse e una fervida discussione nel mondo dell’arte. Tuttavia, tra le molteplici interpretazioni e analisi suscitate da questo celebre dipinto, c’è un aspetto affascinante e spesso trascurato che merita una più approfondita considerazione: il cielo rosso dipinto dall’artista norvegese.
Il cielo rosso, pur essendo in apparenza uno sfondo ornamentale, si rivela essere un elemento di significativa importanza all’interno della composizione complessiva. Esso non solo fornisce un contesto visivo, ma trasmette un’atmosfera di turbolenza e inquietudine che si riflette in maniera mirabile nel tormento interiore del protagonista.
Questo fenomeno atmosferico, raffigurato con una tale intensità cromatica, può essere interpretato come un riflesso della tumultuosa condizione emotiva del soggetto o come un presagio di tragedia imminente.
È evidente che la scelta di Munch di dipingere il cielo in questo modo non è casuale, bensì intrinsecamente legata alla sua visione artistica e alle emozioni che desiderava evocare nello spettatore, e questo elemento del dipinto ha da sempre sollevato interrogativi sulle possibili cause di un tale fenomeno atmosferico e su come possa essere stato rappresentato così vividamente nell’opera d’arte.
Tra arte e scienza: il mistero del cielo rosso nell’urlo di Munch
Recentemente, una scoperta scientifica ha portato nuova luce su questo enigma. È stato appurato che il giorno in cui Munch avrebbe potuto assistere a un cielo così straordinario coincide con un evento di portata globale: l’eruzione del vulcano Krakatoa, avvenuta nel 1883 in Indonesia. Questo evento cataclismatico ha rilasciato una straordinaria quantità di cenere e gas nell’atmosfera, generando una massiccia nuvola di polvere che ha oscurato il cielo in numerose parti del mondo.
L’eruzione del Krakatoa è stata infatti una delle più violente nella storia registrata dei fenomeni vulcanici. Si stima che abbia proiettato nell’atmosfera circa 21 chilometri cubi di materiale vulcanico, accompagnato da ingenti quantità di anidride solforosa. Questa nube di cenere e gas si è diffusa per migliaia di chilometri, schermando la luce solare e causando fenomeni atmosferici straordinari.
Uno degli effetti più spettacolari di questa eruzione è stata proprio la diffusione di particelle di dimensioni sottili e sospensioni di gas nella stratosfera, che hanno alterato la dispersione della luce solare. Ciò avrebbe prodotto effetti ottici di rara bellezza, tra cui il rosso abbagliante che ha colorato i cieli di molte regioni del mondo per diversi mesi dopo l’eruzione.
È plausibile pertanto che Edvard Munch, trovandosi probabilmente in una regione geografica colpita dagli effetti dell’eruzione del Krakatoa, abbia assistito a questo fenomeno atmosferico straordinario. La sua vivida descrizione del cielo rosso come “il sangue” potrebbe riflettere la profonda impressione che questo evento ha lasciato nella sua mente e nella sua immaginazione creativa.
La capacità di Munch di catturare l’intensità emotiva di un momento così straordinario e renderlo tangibile attraverso il suo pennello è ciò che rende “L’Urlo” un’opera così potente e indelebile nell’immaginario collettivo. Questa interpretazione del cielo rosso nell’opera di Munch aggiunge un nuovo strato di significato e profondità alla sua opera, collegando l’arte al mondo naturale e offrendo una testimonianza tangibile degli effetti duraturi degli eventi atmosferici straordinari sulla creatività umana.